La scrittrice Rebecca Solnit racconta come ha visto cambiare la sua città negli ultimi decenni. Da luogo accogliente e creativo a distopia sociale e politica.
Emilia Pérez di Jacques Audiard è forse il migliore del regista. Oh, Canada di Paul Schrader è una riflessione dolorosa sulla fine. Caught by the tides di Jia Zhangke è capolavoro assoluto.
Un ramo del Nilo lungo il quale sono state costruite le piramidi, la più grande indagine sonora mai intrapresa e un sincrotrone molto potente in Cina: l’attualità scientifica, in breve.
Emanuele Mengotti ha cominciato a conoscere gli Stati Uniti dal finestrino delle corriere e dalle panchine delle stazioni degli autobus. Nei suoi documentari racconta volti e storie poco conosciute del paese.
La mancanza di neve in molte località di montagna ha spinto alcuni centri come Asiago a puntare sul turismo astronomico. Ma le incognite sono diverse. Un reportage a fumetti.
Nel suo libro Ambivalent zen, Lawrence Shainberg si lamenta del fatto che, anche mentre medita, la sua mente fugge sempre dal momento presente “barcollando verso il futuro o aggrappandosi al passato”. Non sono d’accordo sul fatto che sia...
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Di Nevermind the tempo degli I Hate My Village mi piace tutto: innanzitutto il titolo pasticciato tra inglese e italiano, che è diventato il modo più naturale in cui riesco a esprimermi, come se la mia lingua fosse un perenne incidente stradale.
Il modo in cui Israele, i palestinesi e gli Stati Uniti giudicano il gruppo islamista determinerà l’accordo per la fine della guerra e il futuro di Gaza. Immagine di Carl Godfrey, Art direction di Mark Porter Associates.
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